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EDIFICI STORICI ITINERARI

Santa Marta: da ex-panificio a polo universitario

Santa Marta

Nel lontano 1866 Regno d’Italia e Impero Asburgico si contendevano le terre venete nella Terza Guerra d’Indipendenza. Il 24 Giugno dello stesso anno infatti, il Regno d’Italia attaccava le truppe austriache a Custoza nell’omonima e sanguinosa battaglia, che si risolse con una disfatta per le truppe comandate dal generale La Marmora. Le successive sconfitte italiane portarono alla tregua che ebbe inizio il 25 Luglio 1866.
Il modo di fare la guerra stava drasticamente cambiando e Santa Marta, oggi sede dei corsi di laurea di Economia, ci racconta come attraverso la sua storia.

Una visita a Santa Marta

Mi trovo presso quello che in origine era il principale sito di rifornimento delle truppe austriache in Italia, la Provianda di Santa Marta, oggi polo universitario del Dipartimento di Economia dell’Università di Verona. Un’accompagnatrice d’eccezione e di comprovata competenza mi accoglie nella scoperta dell’importante patrimonio architettonico e culturale legato a questo sito: la professoressa Maria Luisa Ferrari. Professore associato di Storia economica nell’Università degli studi di Verona, si occupa di storia economica e sociale tra età Moderna e Contemporanea ed è stata la curatrice della mostra Storie e Percorsi sulla Santa Marta.

Santa Marta
Planimetria attuale dell’edificio di Santa Marta. Foto di Luca Fratton.

Le origini del Polo Santa Marta

Il complesso di Santa Marta nacque come panificio e magazzino di scorte alimentari per i soldati dell’Impero asburgico. Pensando ai panifici moderni, risulta difficile concepire come una tale costruzione fosse interamente deputata alla produzione del pane e all’organizzazione del suo trasporto. Ma se consideriamo che in quel luogo doveva essere prodotto pane per 100.000 uomini, ognuno dei quali abbisognava dai 600 grammi al chilo di pane al giorno, forse ci stiamo avvicinando all’idea di produzione dell’epoca. Il pane costituiva l’alimento principale nei pasti dei soldati e della popolazione e richiedeva una forza lavoro significativa e dedicata.

Forno Da Campo
Immaagine di uno dei forni da campo utilizzati durante le campagne militari, nella mostra su Santa Marta. Foto di Luca Fratton.

Il contesto storico settecentesco

Fino al 1600, ma anche fino alla metà dell’800 per quanto almeno concerne l’era napoleonica, le truppe erano solite vivere a dirette spese della popolazione. L’esercito si manteneva attraverso depredazioni e razzie o, come in particolare gli ufficiali, vivendo direttamente nelle case dei cittadini. La sussistenza di ogni soldato infatti era diretta responsabilità individuale, comportando l’effetto della devastazione di intere regioni. Il grande meccanismo dei magazzini di vettovagliamento come la provianda fu il risultato di un processo organizzativo conseguente la Guerra dei Trent’anni. Il panorama organizzativo dietro ogni campagna militare stava cambiando; l’aspetto logistico divenne sistematico.

Impastatrice
Una delle antiche impastatrici a forcella con motore integrato. Foto di Luca Fratton.

L’evoluzione in campo militare

L’organizzazione dell’approvvigionamento aveva molteplici motivazioni: serviva a razionalizzare il vettovagliamento dei soldati e rendere più efficace ed economico il sistema dei rifornimenti. Serviva anche però a rendere più sicuri i sudditi verso il proprio esercito tutelandone la proprietà privata, oltre che per controllarli meglio. L’ordinamento e la condotta della guerra stavano cambiando radicalmente. Iniziava un’era in cui le operazioni militari erano sempre più vincolate alla rete dei magazzini. La posizione stessa delle postazioni fortificate doveva essere funzionale ai tempi di trasporto delle razioni, che avvenivano principalmente su rotaie. La finalità della guerra shiftava dal combattimento alla manovra, affiancata dall’azione politico-diplomatica.

La fortificazione di Verona

La presenza asburgica a Verona aveva comportato enormi lavori fortificatori, iniziati nel 1833 e continuati per più di trent’anni. La città era diventata una piazzaforte nella mente del feldmaresciallo Joseph Radetzky, sorta sui disegni dell’architetto Franz von Scholl. Pertanto nacquero edifici militari destinati alle varie attività ed esigenze logistiche dell’esercito asburgico. Esse furono concepite per garantire il fabbisogno sia in tempo di guerra che in tempo di pace. Verona era infatti considerata, da dopo la guerra del 1848-49, il centro vitale del Quadrilatero e il deposito per equipaggiamenti, approvvigionamenti, armamenti e riserve.

Santa Marta
Rara foto di produzione militare in cui compaiono il ponte di collegamento in ferro tra i silos e i binari della ferrovia. Nella mostra su Santa Marta. Foto di Luca Fratton.

Posizionamento strategico di Santa Marta

I due magazzini, gli edifici gemelli visibili oggi dalla parte opposta del cortile, sorsero al posto della chiesa del monastero trecentesco di Santa Maria Maddalena, che successivamente cambiò il nome in convento di Santa Marta. L’ubicazione del nuovo panificio militare era già stata decisa nel 1850, anno dell’acquisizione del convento da parte del demanio austriaco. Sorse nel Campo Marzio, che era una zona protetta: si trovava nella parte più interna e difesa della città. Si apriva sulla campagna ad est, in opposizione al fronte, situato a sud e a ovest. Inoltre al momento della costruzione, nel 1863, la ferrovia era già presente e consentiva un efficace import-export di materie prime e prodotto finito.

Double Deck Oven
Uno dei due forni a due piani rimasti all’interno dell’edificio. Foto di Luca Fratton.

La nascita della Provianda di Santa Marta

Il complesso venne eretto tra il 1863 e il 1865 impiegando 1600 uomini. Il suo primo utilizzo avvenne in occasione della battaglia di Custoza nel 1866. Presenta tre edifici: quello principale, collocato sul lato meridionale, dedicato alla produzione di pane e gallette, che si sviluppa su cinque piani di 5.000 metri quadrati ciascuno. E i due magazzini, che si trovano sul lato occidentale e ospitano altrettanti silos, ovvero celle ermetiche che servivano per la conservazione dei cereali. I silos garantivano la possibilità di conservare a lungo le derrate. Questo portava il vantaggio economico di acquistare i cereali sui mercati dove costavano meno e nei momenti in cui i prezzi erano più bassi.

Santa Marta
Veduta dell’ambiente dove sono visibili le sedi delle cupole dei forni. Foto di Luca Fratton.

Il regime produttivo

In epoca austriaca, la produttività della Provianda era commisurata alla dimensione dell’esercito e stimata in base alla probabile durata del conflitto. Si pensi che per un’armata di 100.000 uomini – che era la dimensione media di un esercito nei grandi conflitti europei del ‘700 – servivano ogni giorno 200.000 libbre di pane, ossia circa 112.000 kg tra pagnotte e gallette. Per pianificare un’operazione militare di trenta giorni di 50.000 uomini quindi, occorreva avere una scorta di almeno 30.000 staia di farina, cioè 12.600 quintali.
Anche il ritmo di lavoro era altissimo e necessitava di fornai lungo tutta la giornata per dieci, a volte tredici cicli di cottura al giorno.

I tre architetti austriaci

All’ingresso dell’ex-panificio di Santa Marta, dove oggi è collocata la reception, una colonna centrale in marmo rosso reca i nomi e gli stemmi dei tre architetti, ufficiali, dell’Ingenieur Corps asburgico. Andrea Tunkler von Treuimfeld, direttore del Genio; Ferdinand Artmann, capitano ingegnere ed esperto di tecnologia della sussistenza; Anton Naredi-Rainer, capitano ingegnere di II classe. Fu Artmann a proporre Verona come una delle prime due basi sperimentali in cui costruire una Provianda. Essendo la città sul confine dell’Impero, avrebbe permesso l’importazione di una grande quantità di cereali.

Santa Marta
Piano interrato della corte centrale visibile appena entrati. Foto di Luca Fratton.

Lavorare in Santa Marta

La struttura dell’edificio centrale è simmetrica: vi è una corte centrale con ali laterali e due ali più piccole all’esterno. La parte dove avveniva il confezionamento del pane era quella più interna, situata al piano terra. Ci voleva una protezione adeguata per evitare che i prodotti si contaminassero. Il pane veniva stoccato in sacchi e distribuito direttamente dalle due bocche visibili subito sulla destra e sulla sinistra di fronte alla reception. A causa della sua simmetria e grandezza, camminare e muoversi tra un piano e l’altro può dare un vago senso di straniamento. All’inizio la dispersione può cogliere chi non sia familiare con il luogo. I piani superiori invece servivano come sede per gli uffici e per gli alloggi.

Santa Marta
Le strutture in ferro e l’uso delle vetrate per mantenere la diffusione di luce naturale. Foto di Luca Fratton.

Armonia tra struttura e produzione

Tutto il complesso è pervaso dagli elementi del Rundbogenstyl, ossia “stile dell’arco a tutto sesto”, eletto stile nazionale dall’Imperatore Franz Josef e scelto dall’architetto Naredi-Reiner. Egli fu insignito del merito per la zelante e precisa conduzione dei lavori di costruzione. Il Rundbogenstyl non rappresentava però solo un arricchimento stilistico, ma acquisì anche importanza strutturale. La struttura interna era progettata per integrare la funzionalità del ciclo produttivo, ordinato su modulo quadrato e sulla sequenza bidirezionale di pilastri, archi di collegamento e volte di copertura. La solidità della struttura doveva reggere i carichi gravosi dei magazzini, garantendo la flessibilità dello spazio interno.

Colonna Front
Particolare della colonna riportante i nomi degli architetti austriaci vista dall’ingresso della reception. Foto di Luca Fratton.

Note di stile

Lo sviluppo concentrico delle attività attorno all’area di produzione continuava con le aree dove risiedevano i forni. Oggi la scelta stilistica nel restauro ha voluto lasciare a vista le bocche delle vecchie fornaci. Tolta la copertura e gli intonaci applicati dai militari, si può oggi ammirare la memoria del tempo che rievoca la funzione storica originaria. Le scale di sicurezza collegano i piani dall’interno dell’edificio. Anche questa scelta è stata presa in modo da turbare l’estetica il meno possibile.

Santa Marta
Particolare del lato dedicato ad Artmann, che non essendo di origini nobili coniò il proprio stemma. Foto di Luca Fratton.

Le novità architettoniche…

La planimetria non rispecchia i modelli austriaci di Provianda sette-ottocentesca, come a Theresienstadt o a Olmutz. Vi è una sintesi tra schema a corte e schema a blocco chiuso. L’articolazione dei corpi minori laterali è generata dall’originale doppia batteria di sei forni a intermittenza, contrapposti. Ogni forno, alimentato a legna, era di pianta circolare da 4,1 a 4,4 metri di diametro. Poteva essere caricato con 420 razioni di 892g l’una, dando così una stima di produzione complessiva giornaliera di 62.520 razioni. Al piano terra era anche installata una delle motrici a vapore, da dieci cavalli, che alimentava il setaccio meccanico, l’elevatore e la pompa dell’acqua.

…e le scelte funzionali

Al piano interrato ha sede oggi il deposito della biblioteca di Economia e sono conservate quattro delle vecchie impastatrici a forcella, le più vecchie delle quali, sprovviste di motore interno, funzionavano attraverso una cinghia. In epoca austriaca invece, i sotterranei delle due ali laterali ospitavano i magazzini per la conservazione di altre derrate, delle farine e delle attrezzature, oltre ai locali per la manutenzione dei forni da campo. La ventilazione avveniva attraverso un sistema naturale, permettendo di conservare le derrate per periodi più lunghi.
Nel corso della sua storia lo stabilimento ha subito il continuo avvicendarsi delle strutture. Dall’inizio del ‘900 iniziarono ad essere usati nuovi forni, due dei quali rimasti fino ai giorni nostri. Ognuno aveva due piani di cottura estraibili, che consentivano di aumentare notevolmente la produzione.

Silos Campo
Vista dei corpi absidiati dei silos. Foto di Luca Fratton.

Le peculiarità stilistiche di Santa Marta

Naredi-Reiner inoltre investì moltissimo nella cura dell’aspetto estetico esteriore. Arretrando i corpi laterali conferì prevalenza figurativa al corpo centrale, frazionando la mole dell’edificio e mitigando la mastodontica orizzontalità della facciata. Connotò fortemente i particolari strutturali: utilizzò contrafforti gotici, a gradoni o a sezione decrescente, evidenziando la verticalità. Diede ritmo con sequenze ascendenti di finestre monofore, bifore e trifore. Conferì eleganza con i contrafforti angolari risvoltati o sdoppiati. I silos richiamano l’architettura dello Speicher medievale – edificio usato per custodire il grano – con il corpo absidiato di testata e il coronamento a gradoni.

Silos Particolare
Particolare del silos entrando nel cortile. Foto di Luca Fratton.

Il complesso della Provianda

Gli edifici per la conservazione del grano, uguali e affiancati, erano prossimi alla diramazione della ferrovia che proveniva dalla stazione di Porta Vescovo. Misurano entrambi 18 metri per 50, con un’altezza di 18 metri, di una capacità stimata attorno ai 77.000 quintali di grano. Tale quantità garantiva l’autonomia della fornitura di pane per un’armata di 100.000 uomini per circa tre mesi. La frequenza degli approvvigionamenti rese necessaria l’apertura di una porta urbana nella cortina muraria cinquecentesca e la costruzione di un ponte a travate metalliche per superare il vallo esterno: la Porta di Campo Fiore. Naredi-Reiner si ispirò al Sanimicheli per disegnare la porta, corredandola di paramenti di tufo e laterizio, richiamando la Porta di San Zeno.

Orologio
L’orologio che scandiva il tempo di lavoro, una volta situato sulla facciata centrale, ora custodito all’interno dell’edificio. Foto di Luca Fratton.

Dalla nascita del Regno d’Italia ai giorni nostri

Il corso della storia per la casa d’Austria mutò drasticamente dopo la Terza Guerra d’Indipendenza. Concluso l’armistizio con il Regno d’Italia e persa la supremazia europea, l’esercito asburgico fu costretto a smobilitare. La Provianda di Santa Marta passò così sotto la gestione dell’esercito italiano, continuando la sua funzione fino ai primi anni ’60. Successivamente è rimasto come deposito di generi alimentari e indumenti. Dal ’51 era fu parzialmente riadattato a centro di raccolta e test per materiali e prodotti militari. Così fino al 2001, anno in cui iniziarono i primi studi di fattibilità sui lavori di recupero e restauro.

L’Università e il pensiero di trasformazione

Il primo ad essere entrato in funzione è stato il silos di ponente, completato nel 2010, che ospita aule per la didattica. Tra il 2006 e il 2008 sono stati redatti i progetti del panificio, approvati nel 2009 e portati a compimento nel 2015.
L’Università di Verona voleva soddisfare molte esigenze di utilizzo, come trasformare un complesso manufatturiero militare in un campus universitario dagli ampi spazi. Sono stati aperti diversi varchi che hanno comportato scelte stilistiche importanti: attraverso i passaggi il muro è stato sezionato e lasciato a vista. Si è deciso di recuperare la struttura in pietra originariamente coperta dall’intonaco bianco, prediligendo nuove colorazioni più calde senza togliere l’effetto di sobrietà.

Biblioteca
Biblioteca di Santa Marta situatta sotto il tetto in legno. Foto di Luca Fratton.

Modifiche strutturali e particolari stilistici

I ballatoi nelle tre corti, il sistema di elevatori nella corte centrale, la grande scalinata a fianco degli elevatori erano alcuni dei punti cardine per agevolare la fruizione e il collegamento diretto tra le aree interne. Le bocche di lupo sono state trasformate in ampie porte finestre che inondano di luce gli ampi patii. Patii che, analogamente ma in forma più piccola, sono stati tagliati dove il sottotetto lo consentiva per realizzare vetrate perimetrali, in luogo dei piccoli oculi. I due grandi saloni nel sottotetto sono diventati stupende sale di lettura della grande biblioteca, al di sopra dei due piani dedicati agli uffici dipartimentali.

Santa Marta
Sala di lettura. Foto di Luca Fratton.

Politica energetica e sostenibilità

Vi è in tutto l’edificio una grandissima diffusione di luce. Pur essendo una struttura che si sviluppa in profondità, lo sguardo può attraversarne tutta la lunghezza senza trovare barriere opache. L’uso ingegnoso di vetrate per frazionare gli ambienti garantisce l’effetto di stupore entrando, che non è immaginabile dal nuovo visitatore rimasto all’esterno. Il tutto termoregolato da un impianto geotermico distribuito con potenza nominale di 550kW. I punti di produzione sono quattro, con pompe di calore reversibili collegati a 120 sonde a terreno che arrivano alla profondità massima di cento metri.

L’eredità culturale e la mostra su Santa Marta

La storia legata a Santa Marta è caratterizzata dal continuo evolvere delle destinazioni d’uso. Resta da notare che, benché nel tempo abbia servito anche le produzioni militari, è sempre stato un luogo di creazione, dalla sede delle Religiones novae del Trecento agli spazi fieristici rinascimentali. Da fabbrica di pane, simbolo di nutrimento e vita, a polo universitario, magazzino e fucina di saperi e idee.
Nell’edificio centrale è presente e visitabile la mostra permanente Storie e Percorsi sulla Santa Marta, curata dalla professoressa Ferrari.

Santa Marta: da ex-panificio a polo universitario ultima modifica: 2020-11-17T13:36:46+01:00 da Luca Fratton

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